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atto primo 23


Spett. Vendica il suo crudele, snaturato assassinio.

Am. Assassinio?

Spett. Assassinio orribile, inaudito, feroce!

Am. Affrettati a palesarmelo, onde con ali rapide, quanto il concepimento, o i pensieri dell’amore, io possa volare alla vendetta.

Spett. Parato ti trovo alle opere; ma fossi anche di natura sì insensibile come lo è la pianta che putridisce sulle rive dello Stige, rimarresti commosso da quel ch’io ti dirò. Ascoltami, Amleto. — È corsa voce che dormendo nel mio giardino un serpe mi pungesse. Le orecchie dei Danesi sono indegnamente schernite da questa favola. Sappi, nobile giovine, che il serpe che tolse la vita a tuo padre, ne porta oggi la corona!

Am. Oh mia profetica anima...! mio zio!

Spett. Sì, quell’incestuoso, quel mostro adultero, col prestigio infernale del suo spirito, e con doni traditori (oh spirito e doni nefandi che avete così potenza di sedurre!) seppe cattivarsi alla sua infame passione il cuore della mia adorata regina, di cui tutti i sembianti esterni mostravano la virtù. Ah Amleto, in quale abisso ella cadde allora, da me, il cui puro amore era sempre stato fedele al voto profferito nell’ora dell’imeneo, fino all’iniquo, le cui doti erano nulle accanto le mie! Però in quella guisa che la virtù non soccomberebbe mai, quand’anche la lascivia venisse a tentarla con forme celesti; così la libidine, accoppiata foss’ella a un angelo splendente di bellezza, profanerebbe la sua divina dimora e si cuoprirebbe di obbrobrio. Ma e’ mi pare sentir già l’aria del mattino... abbreviamo il colloquio. Addormentato nel mio giardino (era mio costume giornaliero), fra pacifico sonno tuo zio mi sorprese, munito d’una fiala di veleno ch’ei mi versò in un orecchio. Quel liquore è sì nemico dell’uomo, che, sottile come l’argento vivo, corre e s’insinua per tutti i canali, per tutte le vene del corpo, e con attiva operosità condensa e agghiaccia il sangue più puro e più scorrevole. Fu così ch’egli assiderò il mio; così ch’io venni dormendo spogliato dalla mano di un fratello della vita, della corona, della mia sposa; e tolto dal mondo nella pienezza de’ miei peccati, senza la grazia del Cielo; senza gli ultimi soccorsi della religione; senza le preghiere implorate dalla squilla dei moribondi; senza conto reso al Giudice Supremo; e al di Lui cospetto io mi trovai con tutti i miei falli cumulati sulla mia testa! Oh orribile, orribile, fieramente orribile! — Se il sentimento della natura in te vive, non patirlo: il real letto della Danimarca non divenga quello dell’impurità e dell’incesto. Ma in qualunque modo tu voglia a ciò addivenire, non lordare il tuo cuore, non