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Or. Restate; nol seguite.

Am. Il destino mi chiama e rende ogni più piccola fibra del mio corpo robusta come i muscoli d’un lione. — Ei continua a chiamarmi... lasciatemi, signori... Pel Cielo! diverrò uno spettro per quello che vorrà fermarmi... — Va, dico, va, ti seguirò.

(escono lo Spettro e Am.)

Or. La sua imaginazione l’ha renduto disperato.

Mar. Seguiamolo; non dobbiamo obbedirgli in questo.

Or. Andiamo. — A che riescirà tutto ciò?

Mar. V’è qualche molla corrotta nello Stato di Danimarca.

Or. Il Cielo lo guiderà.

Mar. Seguiamolo dappresso.     (escono)

SCENA V.

Una parte remota della fortezza.

Rientra lo Spettro e Amleto.

Am. Dove vuoi condurmi? Parla; non verrò più lungi.

Spett. Guardami.

Am. Ti veggo.

Spett. L’ora è quasi venuta, in cui conviene ch’io piombi fra fiamme di zolfo divoratrici.

Am. Oimè, povera anima!

Spett. Non commiserarmi; ma porgi attento ascolto a ciò che ti dirò.

Am. Parla, tenuto sono ad udirti.

Spett. Tenuto del pari sarai alla vendetta quando m’avrai ascoltato.

Am. Che?

Spett. Io sono l’anima di tuo padre, condannata per un tempo fisso ad errar la notte, e ad essere imprigionata il giorno fra fiamme, finchè le impure colpe, che lordarono i miei dì nella vita mortale, consumate non siano e deterse dal fuoco. Oh! se vietato non mi fosse di rivelarti i segreti del luogo della mia prigione, potrei farti un racconto, di cui ogni parola sconvolgerebbe la tua anima, agghiaccierebbe il tuo giovine sangue, farebbe scintillar gli occhi tuoi come due stelle; e la tua chioma, che que’ nodi tengono costretta, si separerebbe rendendo ogni tuo capello irto al pari di uno spino! Ma quegli eterni misteri non son fatti per orecchie di carne e sangue! — Ascolta, ascolta, oh ascolta!... Se mai tu amasti il tuo tenero padre...

Am. Oh Cielo!