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notizie intorno a shakspeare | 29 |
sollecito di accarezzare un bene che sei tanto vicina a perdere» (1).
«Non piangere per me, allor ch’io sia morto, più lungamente del tempo in cui udirai la tetra squilla annunziare alla terra che sono fuggito da questo mondo vile per abitare co’ vermi, più vili ancora. Se leggi queste parole, scordati della mano che le vergò: ti amo tanto, che desidero essere cancellato dalla soave tua rimembranza, se pensando a me tu potessi essere infelice. Oh! se getti uno sguardo su questi versi quand’io non sarò più che argilla, non ripetere il mio povero nome, e lascia che il tuo amore appassisca con la mia vita» (2).
Più assai di poesia, d’immaginazione, di malinconia abbondano questi versi, che di sentimento, di passione e di profondità. Shakspeare ama, ma non crede all’amore più di quanto creda al restante delle cose: una donna per esso è un augello, una brezza, un fiore; cosa che alletta e passa. Il non accorgersi o il non curarsi della propria fama, la sua condizione che lo escludeva dal consorzio della società eletta fecero, a quanto sembra, ch’egli considerasse la vita come un’ora leggera e vacua, come un ozio rapido e soave. I poeti preferiscono la libertà e la musa alla loro bella.
Shakspeare, quell’ingegno sì eminentemente tragico, ricavò l’austerità del suo umore schernevole dal dispregio in cui aveva se medesimo e la specie umana; ei dubitava di tutto: perhaps (forse) è la parola che gli torna più spesso nella penna. Montaigne dall’altro lato del mare ripetea: Peut-étre; que sais-je?
Concludiamo. Shakspeare è nel novero di cinque o sei scrittori che hanno bastato ad alimentare il pensiero; di quei genii primitivi che sembra abbiano generati e nudriti tutti gli altri. Omero aveva fecondata l’antichità; Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane, Orazio, Virgilio sono suoi