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atto quinto | 365 |
Graz. Egli è fuggito; ma uccise sua moglie.
Mont. Un atroce scellerato! Prendete questa spada, che tolsi al Moro; custodite la porta; non lasciatelo uscire: uccidetelo prima. Io corro sull’orme di quel mostro, di quell’infernale traditore. (escono Montano e Graziano)
Ot. Perduto ho dunque anche il mio valore? ogni novizio nell’armi può ora togliermi la spada?... Ma perchè l’onore dovrebbe sopravvivere alla virtù? Tutto, tutto cessi in un punto.
Emil. Il tuo canto che prediceva, o signora? Odi: puoi tu ascoltarmi? ripeterò i tuoi accenti... morrò con sulle labbra il tuo canto... il salice, il salice, il salice... Io muoio; ella fu casta, ella ti amò, crudelissimo Moro. Così la mia anima voli alla patria dei beati, come vero è quello ch’io dico... Il mio pensiero l’ho esposto... io... muoio... (muore)
Ot. Ho un’altr’arma in questa stanza: è una spada di Spagna; la cui lama fu temperata in gelide onde... Oh! eccola... Graziano, voglio uscire di qui.
Graz. (al di dentro) Se lo senti, ti costerà caro: tu se’ inerme, e devi contro voglia rassegnarti.
Ot. Guardami, e taci; o, tal ch’io sono, piomberò sopra di te. (Graziano rientra)
Graz. Che vuoi?
Ot. Mira! ho una spada; nè una più sicura di questa pendè mai dal fianco di un soldato. Ho visto i giorni in cui, con questo debole braccio e quest’arma generosa, aperta mi sarei la via incontro ad ostacoli venti volte maggiori di quello che ora tu mi opponi: ma, vane iattanze! chi può sottrarsi al suo destino? ora tutto è mutato. Non fremere, no, vedendomi in pugno quest’arma: io sono ormai giunto al mio termine; all’ultimo limite del mio corso; allo scoglio, a cui rompe la stanca mia barca. — Tu ti arretri atterrito? inutile timore! Un braccio, un solo braccio minacci il seno di Otello, e Otello fuggirà. Ma dove andrebbe Otello?... ora... (si volge a Desdemona) in quale stato mi ti appresenti tu?... Giovane infelice, nata sotto un astro fatale...! pallida come il tuo lenzuolo!... Ah! allorchè ci rivedremo, nel giorno finale, il tuo aspetto precipiterà la mia anima dai cieli; e tosto i demoni se ne impossesseranno... (la tocca, e freme) Fredda, fredda, mia fanciulla! placida come la tua innocenza!... Oh! maledizione, maledizione allo scellerato!... Armatevi de’ vostri flagelli, Furie; e, insanguinandomi, scacciatemi lungi da questa vista celeste! avventatemi fra i turbini dei gelati Aquiloni, o seppellitemi entro torrenti di zolfo, in fondo all’abisso