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352 otello

gliate e cieche son le nostre menti! Se muoio prima di te, Emilia, ti prego di seppellirmi avvolta fra quelle coltri.

Emil. Allontanate sì funesti pensieri.

Desd. Mia madre aveva una donzella chiamata Barbara, che diligeva grandemente... e il di lei volubile amante l’abbandonò... Ella sapeva la canzone di un salice; era un’antica canzone, ma che assai bene esprimeva le sue sventure: e la poveretta, morì cantandola!... Stassera quella canzone non vuole uscirmi dalla mente... Gran pena provo ad astenermi dal lasciar cadere la mia testa assopita, e dal cantare come la povera Barbara!... Sì, pregoti, fa presto.

Emil. Debbo recarvi la vostra tunica?

Desd. No; spogliami qui... Quel Lodovico è un uomo gentile.

Emil. Dite leggiadro.

Desd. E bel parlatore.

Emil. Conosco a Venezia una signora, che avrebbe fatto a piedi nudi il pellegrinaggio di Terra Santa per un solo suo bacio.

i.

Desd. (canta) «Assisa l’infelice sotto l’ombra di un tiglio, cantava la verdura d’un salice pietoso».

«Colla mano sul seno, col capo sulle ginocchia, al salice scioglieva tuttodì la sua voce».

«I freschi rivi, scorrendole accanto, con mestizia ripetevano i suoi gemiti».

«Al salice s’innalzava quell’onda di dolore: il salice cantate, il salice pietoso».

«Le lagrime, scorrendo dai poveri suoi occhi, spetravano la terra che se ne abbeverava».

Sciogli questa fettuccia.

«E al salice, al salice volava un soave pensiero».

Te ne prego, affrettati; fra poco ei tornerà.

«Oh! una fronda di salice mi sia ghirlanda al capo1».

ii.

«Nessuno s’attenti apporre alcuna taccia al mio amante: ogni suo spregio io gli perdono».

No, non segue così... Oh Dio chi ha battuto?

Emil. Fu il vento.

  1. In Inghilterra il salice, come pure il mirto, è emblema dell’amore; e quasi sempre dell’amore sfortunato.