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atto quarto | 343 |
Ot. Vo’ farla in brani... Disonorarmi così!...
Jago. Indegnità!
Ot. E con un mio ufficiale!
Jago. Indegnità maggiore!
Ot. Apprestami un veleno, Jago: stanotte... non verrò a parole con lei, per tema che la sua bellezza non mi vinca... ma stanotte ella deve morire.
Jago. Non vogliatevi servir di veleni: soffocatela in quel letto medesimo che contaminò.
Ot. Ti apponi: giustizia è questa; santa idea.
Jago. E di Cassio... lasciate la cura a me... A mezzanotte saprete qualche cosa di più. (squilla una tromba)
Ot. Tal sia... Ma che annunzio è questo?
Jago. Qualche novella di Venezia certamente. — È Lodovico, inviato dal Doge; e in sua compagnia giunge vostra moglie.
(entrano Lodovico, Desdemona, e seguito)
Lod. Salve, egregio generale!
Ot. Con tutto il cuore, signore.
Lod. Il Doge e i Senatori di Venezia vi rassegnano la loro osservanza. (gli dà un piego)
Ot. Bacio ristrumento dei loro comandi. (apre il piego, e legge)
Desd. Che novelle recate, buon cugino Lodovico?
Jago. Godo vedervi, signore: siate il benvenuto in Cipro.
Lod. Vi ringrazio. Che avvenne del luogotenente Cassio?
Jago. Vive, signore.
Desd. Cugino, ha avuto luogo fra lui e il mio sposo una crudele dissensione; ma voi li pacificherete.
Ot. Siete sicura di ciò?
Desd. Signore!...
Ot. Non mancate di farlo, se volete... (leggendo)
Lod. Non parlava con alcuno: è della lettera che s’intrattiene. Cessò dunque l’amicizia fra Cassio e il tuo sposo?
Desd. Cessò; e per l’amore che porto a Cassio, tutto farei onde riconciliarli.
Ot. Fulmini e tuoni!
Desd. Signore!
Ot. Avete perduto l’intelletto?
Desd. Ah! egli si sdegna!
Lod. Forse la lettera lo ha commosso; perchè credo che il Senato gl’ingiunga di ritornarsene a Venezia, trasmettendo a Cassio il suo ufficio.
Desd. In verità, ciò mi consola.