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342 otello

pere da cui vi venisse! Questo è un pegno d’amore: ed io dovrei copiarlo? Prendete; restituitelo alla vostra bella: da qualunque parte vi venga io non lo copierò.

Cass. Perchè, mia dolce Bianca? perchè? perchè?

Ot. Pel Cielo! non è quello il mio fazzoletto?

Bianc. Se stasera volete cenar meco, potete; se no, venite quando vi piacerà.     (esce)

Jago. Seguila, seguila.

Cass. È necessario; altrimenti spargerà mille ciancie per la città.

Jago. Cenerete con lei?

Cass. Ne ho intenzione.

Jago. Forse verrò io pure, che ho bisogno di parlar vosco.

Cass. Vieni, te ne prego: verrai?

Jago. Vattene, sen’altro.     (Cassio esce)

Ot. Di qual morte l’ucciderò, Jago?

Jago. Vedeste come rideva del suo delitto?

Ot. Oh Jago!

Jago. Vedeste il fazzoletto?

Ot. Era il mio?

Jago. Di chi dunque? E vedeste come apprezzi i doni di quella insensata femmina, della vostra sposa? Essa lo ha dato a lui; egli ad una cortigiana.

Ot. Vorrei per mille anni sentirlo palpitare moribondo sotto la mia mano... Una bella donna! una dolce donna! una donna virtuosa!

Jago. Dimenticate tutto.

Ot. Sì; muoia stanotte; sia dannata per sempre... non dee viver di più. Il mio cuore è fatto di marmo; esso mi batte, e m’insanguina il petto... Oh! il mondo non aveva più dolce creatura. Ella poteva giacersi accanto a un imperatore, e dargli legge.

Jago. Abbandon te questi pensieri.

Ot. Sia maledetta! Rammento soltanto ciò ch’ella è... Sì aggraziata nelle cure domestiche...! sì cara quando scioglieva la voce al canto!... Ah ben avrebbe domata la ferocia d’un orso!... Di sì nobili modi...! di così soave ingegno!...

Jago. Per queste doti appunto diventa più rea.

Ot. Mille, mille volte! E sì cortese... benigna, pia!...

Jago. Troppo benigna.

Ot. È vero ma la pietà, Jago! Oh! Jago, Jago, pur n’ho pietà!...

Jago. Se tanto siete vago della sua perfidia, datele licenza d’oltraggiarvi; chè già nessun altro offende, fuori di voi.