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atto terzo 333

il mio nobile sposo non possedesse un’anima così bella, così al di sopra della viltà delle anime gelose, questo basterebbe per metterlo in sospetto.

Emil. Ei non è dunque geloso?

Desd. Otello? Credo che il sole, sotto cui nacque, abbia fatti in lui evaporare simili umori.

Emil. Guardate; si appressa.

Desd. Non lo abbandonerò finchè Cassio non sia richiamato. (entra Otello) Come vi sentite, signore?

Ot. Bene, mia buona amica. — (a parte) Oh quanto m’è duro il dissimulare! — E voi, Desdemona?

Desd. Bene, mio caro signore.

Ot. Datemi la mano. — Questa mano è ben molle, madonna.

Desd. Essa non ha ancor provato gli assalti del tempo e dei dolori.

Ot. Ciò denota una buona complessione e un cuor liberale. (stringendole la mano) Ardente! ardente, e molle!.. Questa mano mi dice che avete bisogno di solitudine, di minor libertà, di digiuni, di privazioni, di gravi esercizii; perocchè qui è un Genio maligno, pieno di giovinezza e di fuoco, che spesso si ribella... È una mano deliziosa ed ardita!

Desd. Veramente potete dirlo, perocchè fu questa mano che dispensò il mio cuore.

Ot. Mano liberale! In altri tempi il cuore dava la mano; ma ora, nel nostro nuovo blasone, veggonsi mani soltanto, e non più cuori.

Desd. Non posso parlare di ciò; torniamo invece alla vostra promessa.

Ot. Qual promessa, amore?

Desd. Ho fatto avvertir Cassio di venire a parlar con voi.

Ot. Ho una tenebra dinanzi agli occhi che m’importuna: dammi il tuo fazzoletto.

Desd. Eccolo, signore.

Ot. Ma quello ch’io ti diedi, dov’è?

Desd. Non l’ho in questo momento.

Ot. No?

Desd. No, signore.

Ot. Male. Quel fazzoletto fu dato a mia madre da una maga egiziana, la di cui arte si estendeva fino a leggere gli altrui pensieri. Essa le promise che, finchè avesse conservato quel dono, sarebbe sempre apparsa amabile agli occhi del padre mio, e che avrebbe regnato sola sul cuore di lui; ma che se avesse avuto la