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324 | otello |
Jago. Signore, voi sapete che vi amo.
Ot. Credo che ciò sia. E perchè so che sei pieno d’amore e di onestà, e che ben ponderi le parole prima di lasciarle sfuggire... queste tue sospensioni mi conturbano assai. In uomo sleale e mendace simili interruzioni sono arti per meglio deludere; ma in uomo schietto e probo sono segni certi di un cuore travagliato, a cui la verità fa violenza.
Jago. Quanto a Cassio, giuro, lo credo onesto.
Ot. E tale io pur credo che sia.
Jago. Gli uomini dovrebbero essere ciò che sembrano; o quelli che nol sono, dovrebbero almeno essere conosciuti!
Ot. Certo gli uomini dovrebbero esser quel che sembrano.
Jago. E allora crederei Cassio un uomo d’onore.
Ot. No; tu m’ascondi qualche cosa. Esponmi, te ne prego, i tuoi pensieri; dimmi quel che fra te mediti, manifestami le tue più fosche idee, valendoti delle più sinistre parole.
Jago. Mio buon signore, perdonatemi. Sebbene io sia costretto ad obbedirvi in ogni cosa, nol sono in quello che mi chiedete: gli schiavi stessi vanno esenti dal carico di manifestare i propri pensieri. Perchè... supponete che fossero ingiusti e fallaci... E qual è il cervello che talvolta non sia tocco da impressioni ree? qual uomo è abbastanza puro per non avere mai accolto alcun sospetto temerario che controbilanci l’autorità de’ suoi giusti giudizii?
Ot. Jago, tu cospiri contro il tuo amico, se, dacchè lo estimi offeso, gli rifiuti la confidenza de’ tuoi pensieri.
Jago. Ve ne scongiuro... tanto più... che forse vado errato nelle mie congetture... Ed è, lo confesso, il difetto del mio carattere; di non veder nelle azioni che il lato cattivo, e di creare spesso, per una ingiusta diffidenza, colpe dove non sono. Vi esorto dunque per prudenza a non credere ad un uomo sì infelice ne’ suoi concetti, e a non tener calcolo delle mie osservazioni incerte e mal basate. Non si addice alla pace vostra, non all’onor mio, ch’io vi manifesti i miei pensieri.
Ot. Ove tende il discorso?
Jago. Caro signore, per le donne e per noi il primo tesoro dell’anima è un buon nome. Chi mi ruba la borsa non mi toglie che una vil materia che fu mia, che divien sua, che appartenne a mille altri; ma quegli che mi ruba l’onore mi toglie un bene che impoverisce me per sempre, senza ch’ei ne tragga ricchezza.
Ot. Pel Cielo! voglio conoscere il tuo pensiero.
Jago. Nol potreste, quand’anche aveste il mio cuore fra le