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atto primo 295

Turco covi tanta stoltezza da trasandare un bello e facile bottino, per un’impresa inutile e perigliosa.

Doge. Sì, è certo che il Turco non intende a Rodi.

Uff. Ecco altre novelle.     (entra un messaggiere)

Mess. Gli Ottomani, magnifico signore, veleggianti su Rodi, ricevettero in quelle spiaggie un secondo sussidio al loro navilio.

Sen. L’avea preveduto. — E di qual forza lo riputate?

Mess. Di trenta vele, che, naviganti di fianco, si avventano ora libere sulle prode di Cipro. Montano, vostro fido e valoroso generale, v’invia questa novella, che vuole, sulla sua fede, abbiate in conto di vera.

Doge. Eccone adunque certi che le minaccie cadono su di Cipro. Marco Lucchese non è in città?

Sen. È ora a Firenze.

Doge. Scrivetegli per conto nostro, che venga qui tosto. Ite.

Sen. Brabanzio col prode Moro dirigono qui il passo. (entrano Brabanzio, Otello, Jago, Rodrigo, ed Uffiziali)

Doge. Valoroso Otello, abbiamo bisogno dell’opera vostra. Il Turco ne minaccia: e attendiamo salvezza da voi. (a Brabanzio) Siate il benvenuto, signore; i vostri consigli ci mancavano, e ben ne sentivamo l’importanza in questa terribile notte.

Brab. Io pure abbisogno de’ vostri; e Vostra Grandezza mi perdoni, se gli ufficii dell’impiego mio, o nulla che avesse attinenza colla bisogna che qui vi raduna, non furono i motivi che m’indussero ad abbandonare il letto; se infine la cosa pubblica è fatta muta al mio cuore, dacchè il mio privato dolore è sì profondo, che assorbe e fa tacere ogni altro dolore.

Doge. Qual mai sventura vi accadde?

Brab. Mia figlia! oh figlia mia!

Senat. Sarebb’ella morta?

Brab. Morta è per me, dacchè mi fu rapita; e vinta rimase da prestigi e da bevande diaboliche. Perocchè, lo ripeto, è impossibile che la natura cada in tanto errore, allorchè è sana e pura, ed ha occhi per vedere, e mente per giudicare...

Doge. Qualunque sia l’uomo che con sì barbare frodi privò vostra figlia della ragione, e vi tolse quel tesoro, voi stesso leggerete il libro sanguinoso delle leggi; voi stesso proferirete la pena scritta nel suo testo severo: sì, se il colpevole fosse anche un nostro figlio.

Brab. Ve ne ringrazio, signore. Ecco ora il reo: questo Moro che faceste chiamare espressamente dinnanzi a voi.

Doge e Sen. Ne proviam dolore per lui.