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278 | la tempesta |
solo suddito. Guardate, ve ne prego, in quell’antro; e poichè reso m’avete il mio ducato, vo’ compensarvene mostrandovi cosa che, vi sarà cara al pari d’un trono. (la grotta si spalanca e lascia vedere Ferdinando e Miranda seduti, che giuocano a scacchi)
Mir. Dolce amore, tu ti fai beffe di me.
Ferd. No, amica mia, nol vorrei per tutto il mondo.
Mir. Oh! bene il potreste anche solo per venti regni, e avreste giuocato a bel giuoco.
Al. Se questa è una delle illusioni dell’isola, due volte avrò perduto il mio caro figlio.
Seb. Il più portentoso dei prodigi!
Ferd. Sebbene i mari minaccino, essi però son pii, ed io li maledissi senza cagione. (corre ad inginocchiarsi ai piedi di Alonso)
Al. Ora tutte le benedizioni di un fortunato padre scendano su di te! Alzati, e dimmi, come qui venisti?
Mir. Oh meraviglia! quante nobili creature veggo in un punto! come bello è il genere umano; come incantatore il mondo che possiede una tal gente!
Prosp. Nuovo è anche per te!
Al. Chi è quella fanciulla con cui tu giuocavi? La conoscenza che hai con lei non può datare da più di tre ore! È ella la Dea che ne ha separati, per riunirci così?
Ferd. Signore, è una mortale; ma, grazie all’eterna Provvidenza, è mia, e per mia la presi in un tempo in cui chieder non poteva il consenso di mio padre, perocchè non credeva più di aver padre. Essa è figlia di quell’illustre duca di Milano, del quale io aveva inteso parlar tanto senza che mai visto l’avessi prima di questo giorno. È da lui che oggi ho ricevuto una seconda vita; e quest’egregia donzella oggi mi ha dato in lui un secondo padre.
Al. E ad essa io pure sarò padre. Ma oh quanto strano suonerà nella bocca d’un padre il perdono che intercedere ei debbe dalla figlia sua!
Prosp. Ristatevi, signore; non rinnoviam la memoria di mali già dimenticati.
Gonz. Se il pianto che mi sgorgava sull’alma impedito non me lo avesse, avrei parlato di già. Abbassa i tuoi sguardi, gran Dio, e fa discendere su questa giovine coppia la pioggia delle tue benedizioni, perocchè tu solo ne apristi la via che qui ci condusse.
Al. Il Cielo ti esaudisca, buon Gonzalo!
Gonz. Il duca di Milano fu dunque cacciato dal suo regno per-