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272 | la tempesta |
Cal. Pregoti, mio re, non fiatare... Vedi tu? ecco la bocca dell’antro: entravi senza rumore. Commetti il buon omicidio che ti farà per sempre signore di quest’isola; ed io sarò il tuo Caliban, pronto a baciarti il piede.
Stef. Dammi la mano, comincio ad aver pensieri di sangue.
Trìnc. O re Stefano! o Maestà! o degno Stefano! osserva che guardaroba è qui per te! (accennando agli abiti)
Cal. Lascia ciò, pazzo; che è cosa vile.
Trìnc. Oh, oh! mostro, noi siamo esperti in masserizie da rigattieri... Che ne di’, Stefano?
Stef. Cedi a me quella veste, Trìnculo; per questo braccio noderoso vo’ che sia mia.
Trìnc. Tua Grazia se l’abbia.
Cal. Oh lo stolto, cui l’acqua bevuta soffoca! Che far credete incannandovi di così brutte suppellettili? Inoltriamo, e commettiamo prima l’uccisione. S’ei si risvegliasse adesso, dalla estremità dei piedi sino al cervello ne fascierebbe di punte d’aghi, da farne guaire d’una maniera ben strana.
Stef. Taci, mostro. Ecco gli abiti miei. Questa giubba m’appartiene: eccola in mia mano. Ora cangiò padrone; e perderà, temo, in breve il lustro e il pelo.
Trìnc. Prendila, prendila, nè dispiaccia alla tua Grandezza, se in noi pure è talento di queste vanità.
Stef. Ben detto, ben detto; e abbi di ciò un abito in ricompensa. Fintantochè sarò re di questo paese, l’ingegno non se ne andrà da me mal ricompensato.
Trìnc. Mostro, allunga le dita; prendi questi avanzi e fuggiamo.
Cal. Non prenderò nulla di tali cose; inutilmente gettiamo il tempo; e sarem tutti trasformati in oche di mare, od in scimmie dalla fronte calva.
Stef. Mostro, allunga le dita; aiutane a trasportar questo bottino là dove giace la nostra botte, o ti caccio dal mio regno. Presto, obbedisci.
Trìnc. E porta questo.
Stef. E questo ancora. (s’ode improvviso un rumor di caccia; entrano parecchi spiriti in forma di cani, e s’avventano sui rapitori; Prospero e Ariele gli aizzano con alacrità).
Prosp. Oh! Montano! oh!
Ar. Turco! è qui la via, Turco!
Prosp. Pluto, Pluto, su, Tantalo, mordi! (Caliban, Stefano e Trìnculo fuggono perseguitati dalle mute) Odi ora (ad Ariele)