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la tempesta — atto quarto 267


Prosp. Mio Ariele, con amore hai adempiuti tutti i miei comandi; con amore adempirai anche a quello che sto per dire. Va, parti; raduna in questo luogo tutti gli spiriti a te soggetti, e comunica loro moti più rapidi ed aggraziati. Promisi a questa giovine coppia qualche prestigio della mia arte, e m’attengo alla promessa.

Ar. S’ha a far tosto?

Prosp. In un baleno.

Ar. Non avrai pronunziato due volte va e torna, che li vedrai tutti qui co’ loro sogghigni e le loro smorfie. Mi ami tu mio signore?

Prosp. Teneramente, mio vago Ariele. Va; nè tornar, ch’io non chiami.

Ar. Così farò.                                   (esce)

Prosp. (a Ferdinando) Tu rammenta la promessa; frena le cupide voglie; pensa che i giuramenti più solenni si struggono al fuoco della passione come arida paglia.

Ferd. Lo farò, mio signore; e la nivea freschezza di questa vergine temprerà l’ardore de’ miei sensi.

Prosp. Così sia. Ora vieni, mio Ariele; vieni colla coorte dei tuoi soggetti, e mostrati valente. (a Ferdinando) Tu intendi lo sguardo, nè proferir più motto. (odonsi i preludii d’una dolce armonia)

Entra Iride1.

Ir. Cerere, benefica Diva, abbandona per un istante le ricche tue messi di segala, d’avena, d’aureo frumento; abbandona le molli erbette delle tue colline, dove pascolar sogliono le pecore, e le interminate praterie in cui fra odorati fieni hanno stanza. Lascia le aiuole ghirlandate di peonie, di gigli, che per tuo precetto l’aprile rugiadoso dischiude, onde se ne intreccino caste corone alle tue ninfe pudiche; e i bruni boschetti, l’ombra de’ quali talenta al garzone che nelle cure dell’amore miseramente poltrì; lascia i tuoi vigneti ricinti di palizzate, e le tue aride sabbie marine contornate di roccie, ove tu ti posi a respirare le aure della sera. La regina del firmamento, di cui sono arco variopinto e messaggera, mi spedì per invitarti ad una festa su queste intatte glebe. Odi...? già ella giunge; i suoi pavoni fendono celeri il cielo. — Oh! affrettati, ubertosa Cerere, e fa onoranza alla mia signora.

  1. La seguente scena, come ben si vede, è eseguita dagli Spiriti di Prospero, e non dalle divinità che questi rappresentano.