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262 la tempesta


Stef. Mostro, ucciderò costui, sua figlia ed io sarem re e regina (vivano le nostre Altezze!); e tu e Trìnculo sarete i vicerè. — Trovi bello disegno, Trìnculo?

Trìnc. Egregio!

Stef. Dammi la mano. Mi duole d’averti percosso; ma, finchè vivi, tieni in freno la lingua.

Cal. Entro mezz’ora ei dormirà: l’ucciderai tu tosto?

Stef. Sì, sull’onor mio.

Ar. Ma ciò dirò al mio signore.

Cal. Tu mi rendi allegro; son pieno di contento. Orsù, stiam tutti in festa; e tu ripeti la canzone che m’insegnasti testè.

Stef. Vo’ compiacerti, mostro, vo’ compiacerti; Animo, Trìnculo, cantiamo.     (canta)

Di lor non ragioniam, passiamo avanti;
Libero è l’uom...

Cal. Non è il tuono.     (Ariele suona una zampogna)

Stef. Che è questo?

Trìnc. È il tuono della nostra canzone, suonata dal simulacro di Nessuno1.

Stef. Se un uomo sei, mostra le tue sembianze; se sei il diavolo, assumi la forma che più ti piace.

Trìnc. Oh! perdono de’ miei peccati.

Stef. Quegli che muore, sconta tutti i suoi debiti... Io ti sfido. Oh! di noi misericordia!

Cal. Hai paura?

Stef. No, mostro, non io.

Cal. Non aver paura: l’isola è piena di romori, di suoni erranti, di dolci concenti, che danno diletto, e non mai nuocono. Qualche volta migliaia di stromenti tintinnano al mio orecchio; qualche volta son voci, che se le udissi anche risvegliandomi dopo un lungo sonno, mi farebbero di nuovo dormire; e dormendo mi pare vedersi aprire le nubi, e offrirmi una dovizia di beni in procinto di scendermi sul capo: talchè, schiusi gli occhi, desidero di nuovo il sonno, per sognar ancora.

Stef. Pel Cielo! cotesto sarà un bel regno, dove la musica non mi costerà niente.

Cal. Allorchè Prospero sarà ucciso.

Stef. Ciò che accadrà fra poco: rammento il tuo racconto.

Trìnc. Il suono s’allontana: seguiamolo, e poscia accingiamoci all’opera.

  1. No-body ha il testo.