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254 | la tempesta |
voglio soccorrerlo. Se lo posso sanare, e renderlo mansueto, lo porterò meco a Napoli, e sarà un dono degno del più grande imperatore che mai s’allacciasse i piedi con sandali di cuoio forbito.
Cal. Non tormentarmi, te ne prego; recherò la legna immantinente.
Stef. È matto! è un mostro matto! Gli darò a bere colla mia bottiglia; e se mai non assaggiò vino, questo gli toglierà ogni male. Se giungo a guarirlo e a domarlo, ne otterrò quel prezzo più alto che mi piacerà di chiederne.
Cal. Tu non mi fai molto male sinora; ma fra poco farai: sento a’ tuoi fremiti che già Prospero t’incalza.
Stef. Su, su, apri la bocca; non muover la faccia; ecco un liquore che ti farà dire mirabilie. Alto, orso, alto; e la febbre se n’andrà. (Caliban beve) Ebbene! non conosci la bontà dell’amico che t’assiste? Animo, apri la bocca di nuovo.
Trìnc. Dovrei conoscere questa voce..... dovrebbe essere..... ma egli è annegato, e cotesti son diavoli. Oh Dio! difendetemi.....
Stef. Quattro gambe e due voci: mirabile mostro! La sua voce di prora e’ l’usa nel dir bene dell’amico; quella di poppa per dirne male, e proferir pazze parole. Se tutto il vino del mio otre vale a risanarlo, voglio vincerne la febbre. Così sia: amen. Lasciami mescere nell’altra tua bocca....
Trìnc. Stefano.....
Stef. L’altra tua bocca mi chiama? Misericordia! È il diavolo, non è un mostro!.... Lasciamolo, lasciamolo; che non ho il cucchiaio lungo...1
Trìnc. Stefano!.... Se tu sei Stefano, avvicinati, toccami, parlami, perch’io son Trìnculo..... non temere..... Trìnculo, il tuo buon amico.
Stef. Se Trìnculo sei, vien fuori. Io ti trascinerò per queste gambe, che son le più corte: e se qui son gambe che a Trìnculo appartengono, saranno senza dubbio quest’esse. (tira Trìnculo) Affè! che sei quello! Or come ti facesti stramazzo d’un orso marino?2 non saresti tu che un Trìnculo esalato dal suo soffio?
Trìnc. Io l’aveva creduto ucciso di fulmine; e ciò fu... ma tu non annegasti dunque, Stefano? Ora ho speranza che non sii