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232 | la tempesta |
bene se potete comandare a questi elementi la quiete, e ristabilirvi la pace, noi cesseremo tosto di maneggiar le funi: usate di vostra autorità. Ma se nol potete, porgete grazie per esser visso sì lungo tempo, e apprestatevi a dividere il fato che ci pende sopra. Animo, amici. — Toglietevi di qui, dico. (esce)
Gonz. Molto confido in costui, chè non vi scerno marchio di naufrago1; e invece larga impronta di patibolo sta su quel viso. Buon destino, non rimettere de’ tuoi decreti; e comanda che venga con una delle nostre inutili gomene appiccato. Se colui non nacque per la forca, la nostra sorte è miseranda.
(escono: rientra il Boatswain)
Boat. Abbassate l’albero maestro; attaccatevi tutti alle gomene: timoneggiate a ritroso, o il vento ci affonderà. (un grido al di dentro) Sian maledetti coi loro stridi! e’ superano il ruggir della tempesta e le nostre parole. (rientrano Sebastiano, Antonio e Gonzalo) Di nuovo qui? Qual cosa vi spinge, messeri? Abbandoneremo le redini del vascello per annegarci? È tale il vostro intento?
Seb. Peste alla tua gola, cane bestemmiatore, che latri senza pietà!
Boat. Ponetevi dunque voi stessi all’opera.
Ant. Appiccati, sciagurato, appiccati! figlio indolente di femmina di mal affare, l’annegarci ne spaventa meno di te.
Gonz. Costui non annegherà, glie ne fo fede2, fosse il vascello più debole d’un guscio di noce, e meno continente d’una bagascia.
Boat. Secondate la nave coi remi; badate agli scogli; tendiamo in alto; non entrate in disperazione.
(entrano alcuni marinai inzuppati d’acqua)
Mar. Tutto è perduto! Alle preghiere! alle preghiere! Tutto è perduto! (escono)
Boat. Oh! perchè questo freddo?
Gonz. Il Re e il Principe pregano: imitiamo il loro esempio; una sorte ci è comune a tutti...
Seb. Io do in disperazione.
Ant. Noi siamo in balla di carnefici, che ebbri ne rubano la vita; e questo malandrino... (additando il Boatswain) Va, possa tu, ghermito dall’onde, errare sul flusso di dieci maree, e non spirare che all’ultima.