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atto quinto 225

ricusava compiacerla. Io, usando dei segreti dell’arte, le ministrai un soporifero, che la immerse in un sonno simile a quello della morte; e scrissi a Romeo di tornar tosto a Verona, onde m’aiutasse a toglierla da questa tomba, entro di cui cessar dovea l’efficacia della bevanda. Sventuratamente il Religioso, che dovea portar la lettera, non potè partire; e solo qui venni per liberar Giulietta, e nasconderla, finchè l’occasione si presentasse d’affidarla a Romeo. Ma allorchè giunsi pochi minuti prima del risvegliarsi della infelice, trovai il nobile Paride disteso sul suolo, e il fido Romeo al par di lui estinto. Giulietta in quel momento si svegliò; io la invitai ad uscire, consigliandola a rassegnarsi ai decreti del Cielo; ma un romore che s’intese mi atterrì e mi fece fuggire, mentr’ella, disperata, e avversa a seguitarmi, finì, secondo ogni apparenza, col togliersi la vita. Quest’è ciò che m’è noto; e la nutrice fu conscia al par di me del suo matrimonio. Se con tal mia condotta ho cagionato io stesso le accadute sventure, la mia vita già logora dall’età ne faccia ammenda: la legge più severa non potrà togliermi che pochi giorni di esistenza, che soli m’avanzano.

Princ. Noi ti avemmo in conto sempre di un santo Religioso. — Ma dov’è il paggio di Romeo? che può egli dirci su questi avvenimenti?

Bald. Recai al mio signore la notizia della morte di Giulietta; e tosto ei partì da Mantova per qui venire. Qui m’impose di consegnar questa lettera, appena fosse giorno, al padre suo; e mi minacciò di morte, se nol lasciava solo.

Princ. Dammi la lettera: io stesso la leggerò. Dov’è il paggio del conte? Olà! che fece qui il tuo signore?

Pagg. Venne per spargere fiori sulla tomba di Giulietta, e mi comandò di tenermi a parte: al che obbedii. In quell’istante sopraggiunse un uomo con un fanale, che diè opera a dischiudere questo monumento; senonchè, interrotto dal mio signore, incominciò con lui a combattere: ond’io corsi ad avvertirne le guardie.

Princ. Questa lettera conferma il racconto di frate Lorenzo, palesa gli amori di questi due infelici, la notizia corsa della morte di Giulietta, e il veleno che Romeo da un povero facitor di droghe acquistò, onde venir a morire accanto alla sua donna. — Dove son ora gli antichi nemici Capuleti e Montecchi? Ecco il castigo, sciagurati, degli odii vostri. Il Cielo trovò mezzo di distruggere la vostra felicità, valendosi dell’amore; come punì me colla perdita di due parenti, per aver chiusi gli occhi sulle vostre feroci fazioni.