Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/208


atto terzo 197


Fr. Oh rea e feroce ingratitudine! Pel tuo delitto la legge nostra chiedeva la tua morte; e il Principe clemente, assumendo la tua difesa, fa tacer la legge, cambia la funesta parola di morte in quella d’esilio; e tu sconosci atto sì generoso?

Rom. Crudeltà barbara è questa, non compassione. Il Cielo è qui, dove vive Giulietta, cui tutti potran vedere in avvenire, fuor di Romeo. L’insetto che ronza per l’aere, sarà di Romeo più felice: ei potrà posarsi sulla bella mano di Giulietta, inebbriarsi del celeste profumo che si esala da quelle sue labbra, che nella loro pura e casta modestia son sempre vermiglie di pudore, come se si rimproverassero i baci che scambievolmente si dànno. — Ma Romeo è bandito, e di ciò più non godrà. Or dirai che l’esilio non è la morte? Ma di’: non avresti un veleno pronto, un pugnale aguzzo?... Oh! come hai avuto cuore tu, santo Religioso, che governi le anime, che solvi i peccati, che con amore mi ami, di trafiggermi con queste parole di bando?

Fr. Amante insensato, ascoltami.

Rom. Tu parlerai sicuramente un’altra volta di esilio.

Fr. Ti parlerò di cosa che ti afforzerà a sopportar tal condanna; t’instillerò quel dolce balsamo d’ogni sventura, la filosofia, che ti consolerà quando sarai lontano di qui.

Rom. Lontano di qui? — Ah! non parlarmi di filosofia, a meno che ella non possa crearmi un’altra Giulietta, trapiantare una città, annullare una condanna di principe. Non isparger parole che vane torneranno.

Fr. Oh! ben m’avveggo che gl’insensati non hanno orecchie.

Rom. Come le avranno essi, allorchè i savi son ciechi?

Fr. Lasciami parlare con te del tuo stato.

Rom. Mal parleresti di ciò che non senti. Se giovine tu fossi come lo sono io; se amante e sposo di Giulietta fossi, e uccisor di Tebaldo; se straziato da mille furie avessi il cuore come io ho, e in bando dovessi andare lunge da lei... allora potresti parlare; allora strapparti i capelli, allora gettarti sul suolo, com’io faccio, per bagnarlo di lagrime; e misurarvi col tuo corpo la tomba che dovrebbe già esserti scavata.

Fr. Sorgi; qualcuno batte: buon Romeo, nasconditi.

(s’ode picchiare di dentro)

Rom. No io: a che varrebbe conservare una vita disperata?

(picchiano di nuovo)

Fr. Odi come battono!... Chi è là?... Romeo, alzati. Vuoi esser preso?... Aspettate un istante. — Alzati, fuggi... (battono) Un momento... Pietoso Iddio! che pertinacia è la tua!... Eccomi,