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atto terzo 195


Giul. Oh Dio! la mano di Romeo versò forse quel caro sangue?

Nutr. Sì, la sua mano... infaustissimo giorno!

Giul. Ah cuor di serpe, nascosto sotto sembianze di angelo! Fu mai feroce drago che di più care avvenenze si vestisse? Amabile tiranno! demone celestiale! corvo coperto di penne di colomba! rapace lupo sotto forma di timida agnella! contaminata sustanza, che informò un raggio divino! inesplicabile mistura di cielo e d’inferno! O Natura, puoi tu così fondere le bellezze del paradiso colle infami brutture degli spiriti d’abisso? puoi tu adornare con tanti gioielli il libro che contiene sì vile materia? puoi permettere che l’ipocrisia e la frode abitino tanto superbo tempio?

Nutr. Più non esiste nè fede nè onore negli uomini: tutti sono spergiuri; tutti malvagi e simulati. Ah! mi sento sfinita: datemi un po’ d’acqua odorosa... Tutti questi dolori, tutti questi mali mi faranno apparir vecchia... Vitupéro a Romeo!

Giul. Ti si inaridisca la lingua per tale augurio; ei non è nato all’obbrobrio. Non mai l’obbrobrio oserà toccare la fronte di Romeo, ch’è il trono dell’onore, solo sovrano di tutta la terra. Oh come l’ira mi fe’ empia inducendomi a calunniarlo!

Nutr. Vorrete commiserare chi uccise vostro cugino?

Giul. Dovrò forse infierire contro lo sposo mio? Ah povero sposo! qual lingua benedirà il tuo nome, se quella della tua consorte l’ha sì crudelmente oltraggiato? Ma perchè, infelice, uccidesti Tebaldo? Forse costui tentò d’assassinarti?.... Cessate, lagrime importune, cessate: tornate alla vostra sorgente: il vostro tributo appartiene alla sventura: e voi l’offrite all’avvenimento che debbe empirmi di gioia. Il mio sposo vive; e Tebaldo, che voleva ucciderlo, più non è. Perchè dunque a sì consolatrice novella ho io pianto? Ah! fu una parola che intesi, parola più fatale che la morte di Tebaldo, che mi ha resa disperata. Vorrei obbliarla..... lo vorrei... Ma oimè! essa pesa sulla mia memoria, come il carico dei delitti sull’anima del colpevole. Tebaldo è morto, e Romeo bandito! Ecco la sentenza che m’ha lacerato le viscere, a fatto obbliare la perdita di Tebaldo. Oimè! ben bastava una sventura sola; o se necessario è pure che ogni male vada da altro accompagnato, perchè dopo la novella che io ebbi della morte di Tebaldo, non mi fu detto piuttosto: i tuoi parenti non sono più? Sì, cotesta perdita mi avrebbe addolorata; ma le parole Romeo è bandito mi han posto alla disperazione: esse hanno assassinato in un punto solo e padre e madre e Giulietta e Romeo e Tebaldo. Romeo è bandito!..... Non è termine nè misura nei mali che rac-