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atto terzo 193


Don. Cap. Costui è un parente de’ Montecchi; e l’affezione ch’ei loro porta, lo fa mentire. Eran più di venti coloro che qui combattevano; e venti uniti trucidarono un solo. Chieggo giustizia, Principe; non potete rifiutarcela. Romeo uccise Tebaldo; Romeo non debbe più vivere.

Princ. Romeo uccise Tebaldo; ma Tebaldo aveva spento Mercuzio; e chi di voi pagherà un sangue sì caro?

Don. Mont. Non Romeo, Principe, che gli fu sempre affezionato, e di cui la sola colpa, uccidendo Tebaldo, fu d’aver fatto quello che fatto avrebbe la legge.

Princ. Sì; e per colpa tale l’esiliamo da questa città. Per gli odii vostri, sciagurati, anche il mio sangue si sparge; ma pentir vi farò tutti dei dolori che mi cagionate. In avvenire sarò sordo ad ogni pietà; nè lagrime, nè preghiere riscattarvi potranno dal mio cruccio, o flettermi ne’ miei propositi: risparmiatevi quindi inutili umiliazioni. Romeo vada tosto in bando; e l’istante in ch’ei qui riederà, sarà quello della sua morte. (a’ suoi) Ite, togliete questo cadavere, e aspettate i comandi nostri. La clemenza che perdona all’omicida è virtù d’assassino.     (escono)

SCENA II.

La stanza di Giulietta.

Entra Giulietta.

Giul. Affrettatevi, corsieri dai piedi fiammeggianti; affrettate il cammino verso i palagi del Sole; perchè non vi sferza oggi un altro Fetonte, che precipitoso vi guidi all’Occidente, e tosto riconduca la fosca notte sull’universo? O Notte, che coroni i voti dell’Amore, stendi il tuo più bruno velo, e chiudi gli occhi di quanti ne stanno intorno, onde Romeo possa volare fra queste braccia sicuro e inosservato. Agli amanti non è mestieri del dì per celebrare colle loro belle gli amorosi riti; e se l’Amore è cieco, ben gli si confanno le tenebre. Vieni, Notte solenne; vieni adorna delle negre tue bende; e insegnami tu, antica Diva, come un’illibata vergine divenga sposa. Cuopri col tuo velo le mie guancie, che il pudore infiamma al pensiero di un consorte, finchè il mio timido amore, divenuto audace, non vegga più ne’ suoi atti che doveri modesti. Vieni, amica Notte; e tu con essa, Romeo, tu che come il dì fra le tenebre risplendi. Sì, tu a me accorrerai sull’ali della Notte, più candido di novella neve fioccata sulle piume d’un