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138 | giulio cesare |
da causa meno pura fosse stato inspirato? Ed ora noi, noi che atterrammo il più sublime uomo dell’universo, fatto lo avrem solo per proteggere rapaci esattori, per contaminarci con simili turpitudini? Trafficheremo noi ora l’immenso campo della nostra gloria, per la vile materia di cui una mano è capace? Ah! meglio amerei esser l’abbietto animale che sconcio latra alla luce delle stelle, che un tal Romano.
Cass. Bruto, non ingiuriarmi; non far che il fele dell’invidia in te trabocchi. Te stesso obblii quando m’oltraggi; e l’onta degl’insulti tuoi non patirò. Vecchio soldato io sono, e di te assai meglio nell’armi provetto.
Br. Va; tu non sei Cassio.
Cass. Il sono.
Br. No, più nol sei.
Cass. Ancor m’insulti? Oh! pensa a te, Bruto, pensa alla tua vita; non incitarmi di più.
Br. Via da me, miserabile...
Cass. Bruto, pensa a te...
Br. Ascoltami... m’ascolta... te lo comando. Forsechè dovrò lasciar libero il freno alla scapigliata tua rabbia? forse mi sarà di spavento il tuo frenetico minacciare?
Cass. Oh Dei! tanta moderazione infondeste dunque nel cuor di Cassio?
Br. Sì, e maggiore ancora, per soffrir quello che ti dirò. Fremi pur entro il cuore finchè quel vano tuo cuore si franga, o va a far mostra del tuo furore innanzi agli schiavi, e intimidisci a tua posta le loro anime abbiette. Ma io, m’arretrerò io dinanzi a te? m’inchinerò sommesso al tuo insano furore? No, per gli Dei: divora tu solo tutto il tuo veleno, dovessi esserne soffocato; e spiegalo innanzi a me, ch’io ne riderò.
Cass. A tanto giungi?
Br. E poichè miglior di me nell’armi ti vanti, provalo, e ne sarò lieto; e pieno di gioia incrocierò la mia spada.
Cass. In mille guise m’insulti, ingrato Bruto! Mi dissi di te più antico, non migliore nell’armi. Pensa, e il rammenterai.
Br. Sdegno di ricordarmene.
Cass. Allorchè Cesare viveva, ei non avrebbe osato pugnermi tanto.
Br. Nè tu l’avresti provocato così.
Cass. Non l’avrei...
Br. No.
Cass. Non l’avrei provocato?