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134 giulio cesare


Citt. È come se dicesse che pazzo è chi si ammoglia. Tal detto io temo t’abbia a costar caro. Procedi, e rettamente.

Cin. Rettamente? Ebbene, andava rettamente ai funerali di Cesare.

Citt. Come amico, o nemico?

Cin. Come amico.

Citt. Ha rettamente risposto.

Citt. Dove abiti?

Cin. Al Campidoglio.

Citt. Il tuo nome?

Cin. Il mio nome è Cinna.

Citt. Uccidiamolo; è un cospiratore.

Cin. Sono un poeta, un poeta, sono il poeta Cinna.

Citt. Uccidiamolo pe’ suoi cattivi versi; uccidiamolo pe’ suoi cattivi versi.

Citt. Non importa, se non ha che il nome di Cinna, strappategli solo il nome dal cuore, e poi lasciatelo andare.

Citt. Uccidiamolo, uccidiamolo. Presto i tizzi, olà! Fuoco alle case di Bruto e di Cassio; fuoco per tutto. Qualcuno corra da Decio, altri da Cassio, altri da Ligario... Vendetta, cittadini; corriamo ad uccidere i traditori.

(escono in tumulto trascinando con loro Cinna) (1)

  1. Quest’ultimo fatto, come tutti gli altri della Tragedia, fino alle più leggiere circostanze, è di pondo storico. Elvio Cinna, poeta, ebbe la sventura di abbattersi nella plebe insorta, che il mise a brani per la fatale conformità del suo nome con quello di Cornelio Cinna il congiurato. Vedi Plutarco, Appiano, ecc.