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al Dio vero, mentre i sacerdoti intanavano il Te Deum laudamus e dalla folla fanatica e superstiziosa si innalzava il salmodiare delle preci e le minacciose grida di morte.



Narrano alcuni biografi di Bruno, che pochi istanti dopo aver il rogo completamente arso il povero martire, e mentre ancora le religiose salmodìe e le imprecazioni si spandevano per l’aria, si sentì d’improvviso tremare la terra e uscirne di sotto spaventevoli boati.

Le campane per la violenta scossa del terremoto suonarono da sè, e molte case, in brevi istanti, crollarono ed altre furono danneggiate.

Il popolo, gremito nel Campo dei Fiori, più che al terremoto, credendo ad un castigo di Dio, preso da subitaneo terrore, si diede a scappare, cacciando altissime strida.

Ma per la gran calca, molti, trascinati da quell’onda umana irrompente, stramazzarono a terra, così che parecchi rimasero morti, altri pesti e feriti.

Nè qui doveva arrestarsi quel pànico generale.

Nella vicina piazza Farnese stavano agglomerati molti buoi, destinati al macello ed alla nutrizione dei moltissimi pellegrini, che si trovavano in quei giorni a Roma

Le bestie, impaurite anch’esse all’improvvisa scossa, ruppero, le palizzate, entro le quali stavan racchiuse, e si slanciarono mugghiando nella piazza del supplizio.

Allora il terrore della gente fuggitiva non ebbe più ritegno. In pochi istanti la piazza si spopolò e solo rimasero sul terreno i morti ed i feriti, mentre i buoi,