Pagina:Rubagotti-bovio-giordanobruno.djvu/63


— 53 —




Nel corso di un anno gli interrogatori di Bruno si sospendono e si riprendono parecchie volte, sperando i giudici, che negli intervalli, e sotto la minaccia del rogo, il frate abbia alla fine ad abiurare. Ma invano!

Nulla si lascia intentato perchè egli abbia a sconfessarsi.

Ma con più egli sente di avvicinarsi alla morte, con più il suo coraggio si fa intrepido alla resistenza.

Un Avviso di Roma del 1600, contenuto in un manoscritto degli archivi vaticani, dice: che Giordano Bruno, nelle sue opinioni, restò hostinatissimo - et ci sta tuttora, nonostante che ogni giorno vadano teologhi da lui.

Finalmente il 9 febbraio 1600, Giordano Bruno, in quello stesso convento della Minerva, ove, fuggiasco, circa trent'anni prima, s’era ricoverato, venne condannato al rogo come apostata e come eretico impenitente.

A testa alta, coll’occhio fisso verso i suoi giudici, fieramente egli ascoltò la sentenza fatale senza batter ciglio, e quando la lettura del decreto di morte fu terminata, egli, rivoltosi con accento sicuro a’ suoi carnefici, gridò:

Tremate più voi, o giudici, nel pronunciare la sentenza, che io nell’ascoltarla.

Parole scultorie e memorande che ci dànno tutto intero il carattere di Bruno, e che rimarranno come una eterna ignominia nella storia del papato.