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i giorni della tortura, colla salute gravemente compromessa, senza amici, senza protettori, poichè a tutti l’inquisizione incuteva terrore, egli per un momento esitò e chiese perdono. Confessò d’aver indirettamente combattuto la Chiesa, e lasciò intravedere di aver discorso ne’ suoi libri troppo filosoficamente, disonestamente non troppo da buon cristiano. — Io sono pentito, disse a’ suoi giudici, di aver fatto, tenuto, detto, creduto o dubitato di cosa che non fosse catholica; et prego questo sacro tribunale che conoscendo le mie infermità vogli abbracciarmi nel grembo di santa Chiesa, provedendomi dei rimedi opportuni alla mia salute, usandomi misericordia.....

Ogni uomo, per quanto dotato di una tempra ferma, ha nella sua esistenza qualche fugace momento di dubbio e di sconforto; chiunque possiede un po’ di pratica dell’animo umano, non potrà far un’accusa a Giordano Bruno di questo istante di debolezza, che egli seppe di poi eroicamente espiare colla lunga prigionia di Roma e col rogo.

È certo anche che egli dovette cedere più alle sofferenze fisiche, ed all’abbandono in cui si vedeva gittato, che non alla intenzione di disdire le sue opinioni.



Dopo le confessioni di Bruno la sentenza non poteva essere che assolutoria, ma invece passarono per lui altri lunghi mesi di prigionia, senza che nulla sapesse della sua sorte.

Egli è che il Santo Ufficio di Roma, prendendo a motivo non essere il Bruno suddito veneziano, recla-