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accorgersi in quale cattivo campo spargeva i germi delle sue nobili aspirazioni.
Giovanni Mocenigo, benchè discendente d’illustre famiglia, il cui nome figurava nel libro d’oro della Veneta Repubblica «era (a detta del Berti) giovane di poca levatura, di animo irresoluto e maligno, e di ingegno più alle cose curiose inclinato, che non alle scienze ed alle dottrine speculative.
» L’indole sua è affatto contraria a quella di Bruno; poichè quanto questi è aperto, confidente, audace, tanto quegli è chiuso in sè, timido e diffidente.
» La qual cosa faceva sì che tra l’uno e l'altro non corressero vincoli di quella benevolenza e di quell’affetto che spesso legano il maestro al discepolo, anche quando non è piena l’unione della mente. Perciò egli divenne a poco a poco non solo freddo verso il Bruno, ma palesemente ostile.
» Il Mocenigo era inoltre fantastico e credulo ad un tempo, percui esagerava con facilità le cose udite, e reputava il suo maestro indemoniato.»
E quell’essere ignobile, doveva discendere fino all’obbrobrio del più vile tradimento. Educato dalla prima gioventù a massime di bigottismo; fiacco, timido, superstizioso, non comprese la grandezza delle idee del suo maestro; anzi quelle teorie, così in contraddizione coi suoi principii di superstizione religiosa, gli turbarono la coscienza. Dovè certo credere che dando più oltre ascolto alle parole del filosofo, sarebbe andato incontro alla dannazione eterna. La paura dell’inferno lo rese vile. Al suo confessore palesò i suoi timori, e questi, che era un gesuita, non trovò di meglio che attizzarli ed insinuare nell’animo del patrizio l’idea di denunciare Bruno alla Santa Inquisizione.
Difatti Giovanni Mocenigo, questo nuovo Giuda, il