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lettori pubblici di Parigi, a differenza di quelli di Tolosa, erano costretti a frequentare.
In Parigi Giordano Bruno si mostra più che mai operosissimo; il successo però non lo insuperbisce, anzi lo incita sempre più a lavorare. Egli trascrive le sue lezioni e le dà mano mano alle stampe. Come la sua parola è avidamente ascoltata, anche i suoi libri avidamente sono letti e discussi, attirando l’attenzione degli uomini più autorevoli nelle scienze e nelle lettere.
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La fama del suo nome giunge in breve alle orecchie di Enrico III, figlio di Caterina de’ Medici, il quale vuole conoscere il giovane filosofo.
Così anche le porte della reggia gli vengono schiuse. Egli trova alla Corte di Francia molte notabilità italiane, che Caterina de’ Medici vi ha chiamate, e fra i suoi connazionali ha liete accoglienze. Il lusso regale non lo conturba nè lo seduce, con disinvoltura parla con cortigiani e dame e il suo dire immaginoso, è, per tutti, pieno di attrattive. Colto come egli è, conversa su tutti i temi nelle lingue più disparate e difficili.
Re Enrico simpatizza subito per questo giovane ed ardente apostolo, vuole sentire dalla sua bocca i fondamenti del suo sapere e lo protegge. In cambio di questa protezione Bruno dedica al monarca il suo libro delle Ombre delle idee (De Umbris idearum) in cui stanno raccolti i germi del suo sistema.
Al principe Enrico di Angoulême offre il Cantus Circaeus, e a Giovanni Moro, ambasciatore veneto a