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quantunque gareggiassero fra loro in valore e bravura.
L’assalto continuava già da vari minuti, senza che nè l’uno nè l’altro rimanesse toccato. A poco a poco il Parabiano vinto, attratto dall’emozione stessa della lotta, vi si riscaldò: il suo attacco divenne ancora più vivo, più rapido, più minaccioso; il sudore gli colava a grossi goccioloni dalla fronte sulle guance accese. Il petto aveva anelante, e a volte prorompeva in esclamazioni improvvise di sfida per isconcertare l’avversario, il quale continuava a parare, solamente a parare, sempre calmo, sempre impassibile.
A un tratto il Parabiano, sconcertato da così forte sicurezza, mutò gioco e volle tentare un colpo suo di riserva e che fino allora gli era sempre riescito. Si chinò allungandosi con una finta maravigliosa, poi avanzò d’un passo e uscì arditamente in spaccata; ma la sua sciabola non incontrò quella dell’avversario, barcollò scivolando sul terreno umidiccio e precipitò da sè medesimo contro la sciabola di Andrea.