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che indica come l’anima sia rassegnata, ma non abituata al dolore. Sempre sottomessa e umile soffocava persino i sospiri; soltanto quando proprio non poteva reggere allo strazio, osava dire appena qualche parola per difendere l’Agnese.

— «Finite di tormentarla... Già non è colpa sua s’è venuta al mondo!»

E quando scodellava, lasciava per ultima la ciotola della bambina; nè la metteva in mostra sul desco, ma la teneva in un angolo del focolare, così gliela empiva sino all’orlo, senza che gli uomini avessero a brontolare per quello spreco.

Agnese, seduta in terra, colla ciotola tra le gambette, afferrava il cucchiaio di legno e cominciava a mangiare; ma coi movimenti ancora incerti delle manine non imboccava bene la cucchiaiata e più di mezza le colava giù dalla bocca a imbrodolare il vestituccio. Intanto il gatto nero le si avvicinava piano piano, e veniva a ficcare il muso nel piatto. Agnese, subito, lo minacciava col cucchiaio, non arrischiandosi a picchiarlo,

ROVETTA. Baby 13