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ne sulla fronte un po’ rugosa. Superba della sua pinguedine, de’ suoi bitorzoli e delle vesti appariscenti, non credeva scemata la propria avvenenza dai denti cariati, nè la propria eleganza dalle unghie nere, alle quali non badava mai, perchè già, fuori di casa, portava sempre i guanti. Del resto, e se ne vantava, curava molto la pulizia: una volta alla settimana andava a prendere il bagno a San Luca, e la sera dopo raccontava al Caffè quella sua raffinatezza respirando a ogni tratto per il piacere di sentirsi «bella fresca».

I colleghi del marito non la potevano soffrire, ma le erano soggetti per via del Provveditore agli studi, un omettino piccolo, gobbo, tisicuzzo, che coi suoi occhietti miopi, senza vedere i particolari, apprezzava soltanto la quantità della persona.

Con quei gusti della padrona e coi denari contati, si capisce che dovessero andare di sotto i piaceri della tavola.

«Quel che si mangia non c’è più» senten-