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misteriosa, detta così misteriosamente da spaventare la poverina ignara del supposto arcano. — «Certo, certo; ci sarà sotto la sua ragione; lo crede anche il signor Conte!» E, finalmente, dopo il lungo brontolìo del tuono, scoppiò improvvisa la saetta quando la Contessa si mise a urlare disperata che «Agnese non aveva cuore, che era un’ingrata,» e le rinfacciò brutalmente le garbatezze prodigatele, le chicche, il mezzo biscottino di Rosalia e i concerti del Caffè d’Europa.

Agnese intanto si faceva sempre più smunta, sempre più magra e sbalordita. Sfacchinava dalla mattina alla sera; era sfinita, ma non riusciva mai a contentare la signora. In verità, la disgrazia della bambinaia era una sola, e pur troppo inevitabile: granata nuova spazza bene tre giorni; e n’erano passati più di sette!... Adesso la contessa Orsolina si seccava a restar tutto il giorno coll’Agnese per insegnarle «la pratica della casa» e «per darle una mano.» Adesso voleva alzarsi tardi, voleva uscire, vo-