Pagina:Rovetta - Baby e tiranni minimi.djvu/167


tiranni minimi 167

cucina, che metteva in una stanza attigua; poi fece capolino fuori dell’uscio una faccia pallida, magra, sparuta, con una barbettina rada e una gran zazzera di capelli neri; e rimase là esitante, a guardare, senza muoversi punto.

— «Se i vicini ci sentono» disse infine una vocina sottile e sommessa, «si fa la figura di tanti matti!»

Quel personaggio che non osava inoltrarsi era il marito della terribile Contessa: il conte e cavaliere Venceslao Portomanero, professore a duemila e duecento lire nel regio Ginnasio di Verona.

— «Sì, facciamo una figura da cani» continuò a strillare la signora, «ma è questa sciagurata che ci fa scomparire! E tu che sei un uomo, se non ti muovi per darle una buona lezione, mi farà crepar arrabbiata... e sarete tutti contenti!»

Il signor Conte guardò allora la bambina e sul volto spaurito gli passò come un’ombra di pietà; poi con una durezza che si sentiva forzata, «Andiamo, animo, da brava», disse ad Agnese,