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Noi abbiamo trovato, per via delle relazioni generali, che la monarchia non conviene se non agli stati ampii, e ciò vedremo ancora esaminandola in se stessa. Più l’amministrazione pubblica è numerosa, più la relazione del principe ai sudditi scema e si accosta all’uguaglianza; in modo che quella relazione è una ossia l’uguaglianza, anche nella democrazia. Quella medesima relazione aumenta a misura che il governo si ristringe, ed il governo è nel suo maximum quando trovasi nelle mani di un solo. Allora evvi una troppo grande distanza tra il principe ed il popolo, e lo stato manca di connessione. Per formare questa concatenazione ci vogliono adunque degli ordini intermedii, ci vogliono dei principi, dei grandi, della no-
rare il suo amore per la libertà. La sola scelta del suo esecrabile eroe, Cesare Borgia, rivela abbastanza la sua segreta intenzione; e le massime del suo libro Il Principe opposte a quelle de’ suoi Discorsi su Tito Livio e delle Storie Fiorentine danno a divedere che questo profondo politico non ha avuto fin qui se non lettori superficiali o corrotti. La corte di Roma ha severamente proibito il suo libro, ed io lo credo, perchè la dipinse al vivo.