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Né d’altronde il fascismo sembra farsi troppe illusioni sul valore economico della prossima guerra. Più che economica, la guerra sarà di prestigio e di necessità come mezzo di consolidamento di un dominio vacillante e come sortita da una situazione insostenibile.
Guerra. Non siamo pacifisti vecchio stile. Non amiamo il sangue, ma non siamo gandhisti. La morale gandhista e l’obbiezione di coscienza sono altamente rispettabili nel singolo, ma non costituiscono una politica, non consentono una lotta efficace contro la guerra e contro la dittatura capitalista fascista. E noi siamo per la lotta.
Oggi, di fronte al mondo fascista, accettiamo di combattere la guerra civile. L’accettiamo appunto perché civile nei suoi scopi, perché diretta ad arrestare una guerra in cui si opprime e si ammazza da una sola parte, perché diretta a conquistare un’umanità superiore.
Pur non trovando particolarmente ideale la morte su una barricata o in una prigione, ci pare che per abbattere il fascismo il sacrificio sia utile, che la vita dei combattenti rivoluzionari sia spesa bene.
La guerra civile, quando si presenta come l’unico mezzo di lotta contro una dittatura che abolisce ogni opposizione legale, a parte i suoi scopi, contiene un aspetto che la rende accettabile: è una lotta in cui l’uomo partecipa consapevole e volontario, in cui conserva l’iniziativa e in cui può trovare anche occasioni di grandezza vera.
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