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forsennate dei varii imperialismi, la colonia è la base d’appoggio, il mezzo di rifornimento. Le popolazioni coloniali sono ad un tempo macchine di lavoro che assicurano un enorme plus-valore e assorbitrici di prodotti. La penetrazione della cosidetta civiltà cammina di pari passo con i profitti.

Tutte le guerre coloniali si equivalgono in principio. Sono delle speculazioni in cui i capitali sono forniti in sangue e in denaro dalle moltitudini, e i profitti sono riscossi da pochi. Solo che mentre quelle dei secoli scorsi rendevano, quelle attuali non rendono più.

La guerra coloniale che il fascismo si appresta a fare è particolarmente odiosa e stupida, sia perchè diretta contro un popolo indipendente da quattordici secoli, sia perché costosissima e durissima, sia infine perché, nella migliore delle ipotesi, dopo anni e anni di guerriglia, aprirebbe la via alla colonizzazione non del capitalismo italiano, troppo povero e impoverito, ma del capitalismo anglo-franco-belga-americano. Gli eventuali coloni italiani funzionerebbero da negri di prima qualità, non certo da colonizzatori. Il decreto De Bono di fissazione dei salari massimi degli operai italiani nella colonia eritrea dichiara espressamente che bisogna non «guastare» il mercato indigeno, uso a tariffe infinitamente più basse. Se mai avesse ad arrivare il giorno in cui gli operai e i contadini italiani dovessero in gran numero stanziarsi in Abissinia, si può essere certi che sarebbe loro riservato un trattamento quasi analogo a quello degli abissini.

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