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colmo. La decisione di ritirarsi dai lavori della Camera non fu un atto volontario diretto a portare la battaglia nel paese, ma un atto necessario di chi, non potendone più, si ritira. Ma poiché la retorica vuole la sua parte, così l’Aventino fu presentato alle masse come la decisione energica di gente che passa all’attacco. Di questo equivoco morrà l’Aventino. L’appello al Re fu un altro riflesso di questo stato depressivo. Solo lui può far traboccare le forze materiali dalla nostra parte — pensavano i deputati aventiniani. Quanto alle masse popolari, che si mostravano nei primi giorni in stato di effervescenza, guai a chi avesse tentato metterle in movimento! Solo i comunisti e le minoranze giovani chiesero lo sciopero generale. Ma le opposizioni non vollero, per non spaventare la borghesia e il sovrano. Ai funerali del tramviere Oldani a Milano, avvenuto pochi giorni dopo il delitto Matteotti, Caldara scongiurò la folla tutt’altro che ardita, di mantenersi calma.
Il 10 giugno, Matteotti era stato assassinato. Ma il 27 giugno, Mussolini aveva già vinto. La cosa veramente strana è che non se ne sia accorto prima, come Farinacci, che girava per il paese e vedeva.
L’Italia visse così sei mesi in atmosfera d’illusione e di romanticismo, oscillando tra la ribellione moralistica e puritana e i complotti di corridoio. Finché il 3 gennaio Mussolini — forzato, a quanto pare, dai suoi più fedeli — porterà il dibattito sul terreno della forza. Se mi volete morto, venitemi a prendere.
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