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bottiglie. Si brinda alla libertà del nostro paese, ai nostri cari.
Così continua la corsa per il grande mare. La gigantesca riserva di benzina (300 litri alla partenza), scompare.
A mezzodì l’Africa appare. L’idea di sbarcare su un altro continente seduce. Resti di geografia infantile. La costa viene ora verso di noi con esasperante lentezza. Fa caldo e ora si vorrebbe arrivare. Seduti a poppa, ascoltiamo lo scroscio dell’acqua squarciata, sotto la protezione della bandiera inglese. Alle 15 gettiamo l’ancora a ridosso di un promontorio deserto e tormentato. Primo contatto con la terra libera, terra d’esilio.
Eccoci infine, salvi. I cuori scoppiano, le labbra sorridono involontarie. Come avessimo cambiato pelle. Diciotto ore fa eravamo a Lipari, eppure sembra già tanto lontana nel tempo. Nuovi interessi, nuove speranze, urgono. Il confino è fulmineamente entrato nel reparto ricordi.
Siamo tutti protesi verso l’avvenire. Vogliamo lavorare, combattere, riprendere il nostro posto. Un solo pensiero ci guiderà nella terra ospitale: fare di questa libertà personale faticosamente conquistata uno strumento per la riconquista della libertà di tutto un popolo.
Solo così ci par lecito barattare una prigionia in patria con una libertà in esilio.
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