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non si può rivelare. Il nostro gruppo è spezzato. Procediamo in ordine sparso. Io giungo tardi, divoro a passi di lupo la banchina, mi getto completamente vestito in acqua. Credevo di aver fatto un tuffo in stile, invece batto in pieno la pancia. Constato che nuotare con le scarpe e tutto è tremendamente difficile, tanto che arrivo al luogo dell’appuntamento quasi sfinito. Ho la sensazione di poter essere inseguito. «Lussu, dov’è la barca?». Lussu, che al vedermi si è illuminato, mi grida pianissimo: «La barca non c’è; non ci sono. Ma dove sono?». Impreca. Mi hanno detto che erano già qui. Non ci sono. Ma dov’è Nitti?... Minuti d’angoscia, i più angosciosi di tutti. Non c’è che dire: siamo fregati.
Le nove sono passate da un pezzo, la visita passerà tra pochi minuti. Anche volendo non si fa più tempo a tornare. Rassegnazione. Gli incidenti occorsi rendono pressoché certo l’arrivo dei militi. È questione di minuti.
Vorrei levarmi i calzoni, che mi stringono maledettamente. No, no, ci rinunzio, non sarebbe dignitoso percorrere in camicia il paese inquadrato tra i militi.
La ritirata è suonata da un pezzo, siamo già teoricamente in galera. Ma non ci muoviamo. Succeda quel che vuol succedere, bisogna giuocare tutto per tutto.
Bum bum: nella calda notte di luglio si odono dei rumori sordi, come di martellate provenienti dal fon-
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