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Lussu vive rinchiuso nella brutta buia casa. Dalla terrazza, come la Niobe, «le braccia tende su’l selvaggio mare». È inavvicinabile. Esce un’ora, non vuole nessuno, cammina sino alla Marina Lunga a grandi passi furiosi. Quando ci vediamo, tono elegiaco o bestemmiatore.

Passano, lenti, i mesi invernali. Con grande sforzo ci mettiamo tutti al lavoro, a un lavoro qualsiasi. Faccio i miei conti con il marxismo, getto giù la trama di un libro. Nuovi amici sopraggiungono, altri partono.

Monotonia, monotonia. Nulla di nuovo.

Ambrosini zuppifica l’universo con le sue tesi sindacaliste-fasciste-comuniste. Ci parliamo dieci minuti in tutto. «Io aspiro a diventare il Marx delle classi medie», mi dice. Cioè vuol diventare l’anti-Marx. Ha l’agilità intellettuale di un bisonte. Lo dicono in buona fede, ma è atrocemente bottonaro.

Porcelli, anima candida di romantico, anarchico «desenchanté», raffinato esteta, ci vogliamo un gran bene. Penso alla «Sensitiva» di Shelley. Catalogato come anarchico pericoloso, non lo molleranno. Da quattro anni al confino.

Silvestri, magnifico combattente antifascista, caro amico e compagno di cella. Fabiani, entusiasta e puro, consolante coi suoi vent’anni. Dorè comunista, Chiossi, Molinari, Pagani, Bruno e cento altri che dovrei ricordare. Galleani, nobile figura di vecchio, che cela, sotto la cortesia esteriore, la più fiera delle intransigenze. Paolinelli, focoso e leale, bella tempra romana.



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