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diceva. Come se non avesse nuotato con la maglia.
Dolci faceva il colosso di Rodi tra la roccia di Lussu e un’altra roccia. Nitti stava aggrappato per modo di dire. Ad ogni lieve ondata piombava sulla gamba sinistra di Dolci, il quale a sua volta si sedeva sulla mia testa e mi cacciava sott’acqua. Nitti più freddoloso per natura faceva un involontario concerto coi denti. Io galleggiavo emettendo lievi proteste ogni qual volta la democrazia nittiana (repubblicana) mi spingeva indirettamente sott’acqua.
Trenta minuti sono mille e ottocento secondi. Chi ha atteso un motoscafo che non arriva può dire di aver percorso tutta l’èra cristiana.
Ci scambiavano poche parole rapide. «Vedo un’ombra laggiù».
È la roccia di una punta vicina. — «Sst, sento un rumore». — Tratteniamo tutti il respiro. I denti di Nitti cessano di tambureggiare. — «È un motorino fuori bordo». A cento metri, attraccato alla banchina, sta il piroscafo Messina-Napoli. Luci, ombre che sfilano, urla di facchini, divise di militi.
— Forse non osano avvicinarsi per via del piroscafo.
— Ma no, al contrario. Le luci abbagliano chi sta a terra.
— Ma la prenderanno per una torpe....
Paff. Il gruppo Nitti-Dolci è crollato di nuovo.
— Porca miseria, non puoi star fermo?
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