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soprattutto sentimentali ha trasformato l’aula delle Assise di Savona in un’isola non conformista dove anche i pochi avversari presenti furono costretti ad inchinarsi di fronte alla tua personalità, al tuo passato, alle nostre idee, alle nostre stesse persone.
Una volta rotto il ghiaccio coi nostri interrogatorii nei quali tra l’altro sostenemmo la tesi della legittima difesa, fu una gara a superarsi. Da parte degli avvocati che si sentivano sostenuti dal pubblico — e nell’ultima ora dall’intera città — fu un autentico bombardamento, una requisitoria aperta, fiera, ostinata contro il regime. Venti volte i giudici tollerarono che la legge fosse definita mostruosa. Più volte il nome di Matteotti risuonò nell’aula. Si giunse al punto di leggere l’elenco dei morti e delle devastazioni di novembre!
L’ultima sera, quando parlò stupendamente bene il modesto avvocato Luzzatti (un tuo antico seguace) fu un trionfo. Piangevano tutti nell’aula, giudici e fascisti compresi. Al P. M. che pietosamente aveva voluto rintracciare il movente politico della tua fuga nel dolore da te provato per la soppressione della tua rivista, bene rispose che la «Critica Sociale» non appartiene più a te ma alla storia del nostro paese. Così pure altamente simbolico fu il duello finale tra il vecchio Erizzo e l’infuriato giovane rappresentante della legge. Da un lato lo Stato — questo Stato con la sua forza cieca, brutale, dispotica, soffocatrice — , dall’altro tutto un grande patrimonio giuridico e la coscienza morale
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