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in perfetto francese, improvvisando uno di quelle causeries in cui andava maestro. Descrive l’Italia in catene, parla della lotta per la libertà, saluta la libera terra di Francia...... La stanchezza, la traversata, il mal di mare, tutto finito. Il vecchio sauro scalpita, il sangue sempre giovane ribolle. Ah! Turati, come ti vogliamo bene, quanto sei bravo, Turati. Ora tu stesso vedi da questo primo incontro quanto preziosa potrà essere la tua presenza all’estero.
Il giorno dopo ripartiamo. Egli non vorrebbe. Al mattino è venuto lui stesso a svegliarci e ci tratta come figlioli. Ci abbracciamo.
Dal piccolo molo di Calvi, con Pertini a fianco, agita a lungo il fazzoletto mentre le lacrime gli rigano il volto.
Addio, Turati, addio. Anzi, arrivederci, presto, in Italia.
E invece no. Turati è morto a Parigi, e Pertini è in carcere, dove certo già è volata la tremenda notizia, e Parri è ancora una volta a Lipari e noi torniamo dal cimitero.
Da quel luminoso mattino di Calvi ad oggi, quasi sei anni, sei anni di esilio sono passati. E Turati è morto. Hai aspettato tanto, Turati, e forse hai sperato di poter tornare, per morire.
Ogni 26 novembre, ogni Capo d’anno, ti dicevamo: torneremo insieme, Turati, in Italia, a Milano. Ma da qualche tempo in qua, egli, guardandoci con quei suoi
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