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dei portoni. Proteste, scuse, tiro di corda al cane...... ma intanto Turati, la barba nascosta e il cappello calato sugli occhi, aveva varcato il portone a lui inconsueto.

Dopo una breve sosta in casa amica, fu condotto a Caronno Ghiringhello, in quel di Varese, in una villetta di proprietà di Ettore Albini, critico dell’Avanti! e bella tempra di socialista.

In casa di Albini, cui tenemmo celato il disegno di espatrio, Turati avrebbe dovuto trattenersi un sol giorno. Ve ne dovette invece trascorrere undici, tediosissimi, in un’atmosfera fumosa da baracchetta di guerra, battendo la notte i denti in un’immensa stanza gelata. Il ritardo era dovuto all’improvviso chiudersi della via comasca su cui si contava. La sorveglianza essendosi fatta fortissima in tutta la zona, dopo nuove e vane ricerche, ci si risolse per la via del mare,

Troppo lungo sarebbe raccontare le ansie, i tormenti, le corse febbrili che facemmo in quei giorni con Parri e Pertini, cui si aggiunsero Oxilia, Da Bove, Boyancè. Per cinque giorni la polizia fu ingannata e continuò a montare la guardia alla casa vuota; ma al venerdì l’allarme fu dato. Un ispettore generale piombò a Milano con l’ordine personale di Mussolini di ritrovare ad ogni costo Turati, di impedire, come ebbe ad esprimersi, «un atto inutilmente, stupidamente irreparabile». Tutte le stazioni dei carabinieri furono mobilitate, una per una vennero visitate le case amiche, minacciati gli intimi, arrestati portieri,


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