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Per condurre la prima si propone la costituzione di un Fronte Popolare Italiano non ricalcato su quello francese, e adeguato alla situazione italiana.
Per condurre la seconda si fa affidamento, oltre che sui partiti, sullo sviluppo e sull’allargamento dell’unità di azione proletaria.
Siamo favorevoli a entrambi, ma come espedienti provvisori o come avviamento a formazioni assai diverse.
Ad abbattere il fascismo non saranno né il Fronte Popolare — che presuppone la vita democratica e dei forti partiti — né l’unità d’azione — che sinora ha più favorito l’irrigidimento dei partiti sulle loro posizioni rappresentative formali, che il loro effettivo riavvicinamento.
Che cosa, allora?
Una formazione nuova, originale, capace di condurre contro il colosso totalitario una lotta ad un tempo pratica, politica, culturale.
Di questa formazione il proletariato sarà il pernio. Ma non bisogna pensarla in termini di partito tradizionale. La nozione tradizionale di partito è insufficente, sorda a troppe esigenze che la lotta contro il fascismo, e lo stesso successo fascista, ci hanno rivelate. È una forma politica nuova quella che si dovrà elaborare; e non già a tavolino, ma nell’esperienza del lavoro comune, attraverso la fusione progressiva delle varie frazioni proletarie e il potenziamento di tutti i motivi vitali di opposizione.
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