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la via all’emancipazione sociale, è caratteristicamente suo. Come sua è la tesi che nella lotta contro lo stato totalitario, dove così difficile è il lavoro sistematico di massa, si debba ricorrere a metodi nuovi, capaci di colpire la fantasia del popolo e di suscitare energie, utilizzando tutti i ritrovati della tecnica moderna.

I progressi iniziali grandissimi, attirarono però ben presto la brutale e sistematica reazione poliziesca. Uno dopo l’altro vennero colpiti, talvolta a due o tre riprese, i centri di Milano, Como, Pavia, Parma, Bergamo, Venezia, Treviso, Trieste, Fiume, Torino, Vercelli, Cuneo, Novara, Genova, Savona, Bologna, Reggio, Cesena, Firenze, Livorno, Pisa, Siena, Grosseto, Roma, Ancona, Cagliari, per limitarsi ai maggiori.

L’atteggiamento stupendo tenuto nei vari processi dai Rossi, Bauer, Fancello, Calace, Traquandi, Andreis, se valse a rivelare tempre eccezionali di capi e ad incitare altri alla lotta, non riuscì tuttavia ad evitare la depressione inevitabile, tanto più che in quegli anni il fascismo si rafforzava e si estendeva all’Europa.

G. L. fece allora la dura esperienza di tutti i movimenti rivoluzionari nascenti, che l’entusiasmo degli iniziali successi porta a trascurare la prudenza indispensabile: del come sia lenta e faticosa in regime di persecuzione la formazione di nuovi capi e la sostituzione dei gruppi caduti. D’altronde alla stessa sorte non sfuggirono i centri comunisti nonostante la maggiore esperienza.

Col 1932 si può dire prenda fine, anche per as-

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