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L’antifascismo italiano si è affermato in Spagna, come una forza positiva, anche militare, e come una grande forza. Finita la favola di un antifascismo che non si batte. Finita la diffamazione di un proletariato italiano incapace di reagire al fascismo. Finita in particolare l’accademia dell’esilio a cui un ingrato destino sembrava condannarci. L’azione non l’abbiamo solo predicata come padre Zappata. L’abbiamo vissuta.

Migliaia di esuli italiani hanno piantato posto, famiglia, abitudini radicate, per andare a combattere il fascismo, non appena l’occasione si è presentata, neppure aspettando l’invito o il consenso, anzi alle volte il consenso forzandolo, strappandolo.

Questo è un fatto importantissimo nella storia del nostro esilio e delle nostre lotte; è un fatto decisivo. Noi ormai sappiamo che esistono migliaia di compagni nostri che hanno combattuta e saranno capaci di combattere, capaci tecnicamente di manovrare anche le armi più delicate; che li ritroveremo sempre nella lotta rivoluzionaria, per la lotta rivoluzionaria, verso l’Italia, in Italia. L’interrogativo che ci ponevamo spesso: risponderà l’emigrazione alla prova? È risolto. Ha risposto. Esiste. Esistiamo come forza politica e come forza militare.

E finalmente, e terzo aspetto infinitamente importante, il più importante di tutti, questo intervento armato dell’emigrazione italiana in Spagna stabilisce un ponte, un legame con l’Italia che non si romperà più. Non solo perché il popolo italiano — da mille


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