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ingenuamente aperto all’avvenire che esista attualmente al mondo.
Ricordo con emozione il nostro primo viaggio verso il fronte, il 19 agosto. Eravamo partiti la sera tardi, senza mangiare. Ci avevano detto che probabilmente lo avremmo ricevuto in viaggio. Ma le ore passavano, il treno saliva lento verso l’Aragona e il sonno finì per prenderci tutti. Verso l’una un vociare enorme ci sveglia. Ci precipitiamo ai finestrini e cosa vediamo? La stazione gremita da una folla di migliaia di uomini, donne e ragazzi. Era tutta, ma proprio tutta la popolazione di Tarrasa, piccola città industriale, che era rimasta alzata per salutare i volontari italiani, per portare loro cibi e bevande e dir loro il suo grazie ed il suo augurio. Così faceva Tarrasa tutte le notti, da quindici notti, con una spontaneità ammirevole.
Sentimmo quella notte passare su di noi il soffio rovente di una vera, autentica rivoluzione di popolo. Sentimmo il consenso, la fede. E ci abbracciammo commossi e ci dicemmo a voce alta la nostra gioia di batterci, la nostra sicurezza di vincere, e anche, se occorreva, la nostra tranquilla accettazione del sacrificio.
Questo episodio vi illustra, compagni, meglio di un lungo sviluppo, il sentimento di dignità e di gioia che prova il volontario italiano, che provano tutti i volontari in Spagna.
Ma non è solo dal lato sentimentale e individuale che il volontariato in Spagna assume un così alto valore. È, anzi e sopratutto, dal lato politico.
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