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geva manifesti di una sobrietà che era poco in uso attorno al ’19,
Solo a un temperamento del suo stampo poteva venire in mente, nel corso delle elezioni del 1924, di scendere in Piazza Colonna con un pentolino di colla ad appiccicare sotto il naso dei fascisti i manifesti elettorali del partito che erano stati tutti stracciati. Matteotti, l’economista, il giurista, il ricco Matteotti appiccicava manifesti, scorazzava l’Italia per rimettere in piedi le traballanti organizzazioni, saltava dai treni, si travestiva per sottrarsi agli inseguimenti fascisti, prendeva con disinvoltura le bastonate e, nel pieno della lotta, faceva una punta a Asolo per i funerali della Duse rientrando poi in camion coi fascisti, perché, così spiegò, gli pareva giusto che il proletariato italiano fosse rappresentato ai funerali della Duse. Quanto al camion fascista era stato necessario servirsene per essere presente a una adunanza del partito. Se i fascisti lo avessero riconosciuto sarebbe stata la fine. Ma Matteotti scherzava ormai con la morte, con grande orrore dei compagni posapiano.
Era fatale quindi che morisse l’antifascista-tipo Matteotti, eroe tutto prosa. Come dovevano morire nello stesso torno di tempo Amendola e Gobetti. Come dovranno morire, se non li salveremo, Rossi, Gramsci, Bauer e molti altri Matteotti che si sono formati in questi anni. Tutti caratteri, psicologie, che sono l’opposto del carattere e della sensibilità mussoliniana. Mussolini sente, sa quali sono i suoi autentici avver-
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