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— Stasera è impossibile. Buttatevi sui pagliai, ci sono dei pagliai fuori del villaggio.

Al commiato, mi batte fraternamente la mano sulla spalla e mi grida:

Mañana se parte en batalla...

— Ma siamo stanchi morti. Molti compagni sono arrivati ieri e non conoscono neppure il fucile. Dateci, se potete, due, tre giorni per organizzarci.

Un sorriso.

No, no. Mañana se parte en batalla...

Più tardi otterrò i tre giorni indispensabili. Avevo dimenticato il significato di mañana.

Notte indimenticabile di Vicien, cercando la cuccia all’aperto dove almeno non si soffoca come nell’antro dove ci hanno dato un pezzo di pane e una minestra. Con Calosso riesco finalmente a sistemarmi sul divano della Ford, ancorata in piazza. Il quadro di quell’accampamento di briganti schilleriani, che avrebbe forse depresso molti altri, provoca in me un riso pazzo. Il riso dell’avventura, il riso che mi ha sempre sorretto sotto gli occhi dei carabinieri per fuggire in Francia, quando nuotavo verso la barca salvatrice all’isola della deportazione, quando mi trovavo in gabbia coi compagni, senza possibilità di negativa, confuso dalle prove schiaccianti. Per un’avventura è un’avventura. Sino a ieri rispettabile profugo, professore in ritiro, giornalista. E tu, Calosso, insegnante nelle rigide scuole anglosassoni. Eccoci qui, ora, in

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