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Non ha nulla della caserma, Pedralbes, benché sia una caserma modello. È un immenso castello rococò, diviso in vari edifici e torrioni, che fa pensare a uno scenario di cartone e stucco. Sarebbe orrendo, se non si adagiasse su questi colli, immerso nel sole allucinante e nell’azzurro mediterraneo.

Il terrazzo e il portico d’ingresso brulicano di gioventù. Per chi sale a Pedralbes coi ricordi di una grigia caserma piemontese, è il capogiro, il carnevale, tale è il tumulto di gente che va e viene, senza meta apparente. Comunione non solo morale, ma fisica. Si vive, ci si tocca, ci si urta, ci si sposta in gruppo. La vita del singolo resta inghiottita dalla moltitudine. Ma che vita.

Anche lo scalone che a destra porta al comando rigurgita di umanità. Abiti civili, tute marroni grigie bleu; guerrieri col fucile, pistolone, pugnale; uomini fatti, ragazzi, indiziane, col fazzoletto rosso e nero al collo, e bandiera della F.A.I. e C.N.T.

Di tanto in tanto una grossa automobile arriva rombando e strombazzando per incorporarsi nella folla. Ecco Santillan, l’improvvisato capo delle milizie. Non ha nulla di militare, nonostante la severità del lungo viso e i cuoi del cinturone che disegnano sulla bianca camicia geometriche figure. Difatti Santillan è un intellettuale, uno dei rari intellettuali sindacalisti anarchici. Sale la scala accompagnato da cento compañeros.

Escucha, Santillan... Cuando se sale?... Santil-


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